Tappa n.63 – Castel Del Rio, castelli, castagni e fumetti.

E’ stato grazie ad una mia affettuosa cugina, Simona, che abbiamo conosciuto Castel Del Rio: probabilmente se lei non ce ne avesse parlato tanto bene ci saremmo fermati a fondo valle, magari a Imola, perdendo l’occasione di vedere di persona questo borgo, la cui bellezza è data dal circondario ricco di natura e colline degradanti a perdita d’occhio, dal fiume Santerno che vi scorre rigoglioso, ma soprattutto dall’atmosfera antica ed immutata che cattura già durante il tragitto tortuoso e ripido che conduce a destinazione. Capperina ha sputato un po’ di benzina, ma è riuscita ad arrivare trionfante nel piazzale di un’antica Locanda, la Tubeya, dove la stavano attendendo il Sindaco Aldo Baldazzi, la locandiera Simona (amica della Simona cugina) con tutta la sua famiglia schierata e un simpatico giornalista pronto ad intervistarci.

Da queste parti il cibo è ancora arte: chi lo prepara non vuole inventare a tutti i costi qualcosa di nuovo, non ha come obiettivo stupire un commensale, annoiato e incapace di capire cosa sta ingurgitando, con fantasmagorie inutili ed effimere. Parlo da cittadina annoiata sì, ma solo dal vano peregrinare da un locale all’altro per scoprire quanto male ci lasciamo nutrire e quanto bene ci facciamo abbindolare. Qui, in cucina, ci stanno ancora le persone anziane – di chef neanche l’ombra. Quello che esce dalle mani sapienti di una donna che da 70 anni tira la sfoglia con immutata energia, che ogni giorno si alza all’alba per maneggiare e trasformare in succulenze divine i prodotti delle stagioni, è semplicemente inimitabile. I tortelli di patate, gli strozzapreti, le paradisiache crescentine con i salumi locali, i funghi, il nocino, le tigelle con i formaggi, i dolci casalinghi… e si potrebbe continuare all’infinito senza provare un briciolo di noia.

Posti belli in Italia ce ne sono a non finire, ma tra i boschi di Castel del Rio si intuisce una promessa di pace e tranquillità che raramente ho percepito: la stessa che indusse Magnus, uno dei maggiori disegnatori italiani, autore di personaggi come Satanik, Alan Ford, Kriminal, a viverci nell’ultima parte della sua esistenza. Si era trasferito nella stanza n. 12 dell’Hotel Gallo aveva ambientato parecchie delle sue storie a fumetti nei circondari “alidosiani“. Lo strano aggettivo deriva dalla famiglia degli Alidosi, i Signori locali, che nel 1499 avevano deciso la costruzione del ponte a schiena d’asino che porterà il loro nome nei secoli a venire e che venne studiato con moolta attenzione da Leonardo da Vinci, che in quel periodo era spesso in Romagna. Con la sua presenza il manufatto modificherà gli assetti economici dell’intero territorio fungendo sia da tramite che da barriera, collegando le sponde del Santerno e alimentando i commerci, ma anche diventando un carcere. Le cinque camere al suo interno sono state restaurate di recente, e ora sono anche visitabili.sturmtruppenUn’ultima chicca per appassionati di strip e per autoironici militar/soldati. A Castel del Rio arrivava spesso Bonvi, un amico fraterno di Magnus, anche lui disegnatore. Si fermava qualche giorno, passeggiavano assieme, mangiavano squisitezze, e poi se ne andava. Se non avete mai letto le sue Sturmtruppen correte ai ripari e non ve ne pentirete: a parte qualche piccola caduta nel trivial – ma l’ambiente d’altronde è quello delle caserme! – il divertimento è assicurato. Nel 1997 il Comune aveva organizzato una bella mostra per ricordarli, ma è passato già tanto tempo e rischiano di ripiombare nel buio. Sindaco Baldazzi, ci pensiamo per la prossima estate???

Mariagrazia Innecco

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